Maria L'angolo dei sogni. Così lo chiamava parlandone con le amiche. Una seggiolina sospesa nel cielo, sotto le stelle. Sorrideva dicendolo, ma ci si immaginava e le piaceva la definizione. Ma le stelle, che sicuramente c'erano, si vedevano proprio poco, e solo dopo qualche acquazzone o una giornata di vento. E la seggiolina, di quelle impagliate con le gambe corte che si trovavano una volta nelle case dei contadini, era appoggiata al muro in un angolo del terrazzo, al sesto piano di un palazzone di periferia. Di fronte, poco lontano, la città. Dopo aver rigovernato la cucina, messo a letto la nonna per la notte e terminati quei lavoretti che si era portata a casa, si sedeva sulla sua seggiolina e si pensava con lui. Con lui nei ricordi dei giorni passati, con lui nei progetti per quelli a venire. Lui era Marco. Si erano conosciuti nel negozio di sartoria dove lei lavorava alle dipendenze della proprietaria, una donna acida e scorbutica che faceva del suo meglio per trasmettere un po' della sua infelicità alle poche persone che per necessità dovevano starle vicine. Da quel primo incontro l'angolo del terrazzo con la seggiolina era diventata per Maria l'angolo dei sogni. Quella mezz'ora, sola sotto le stelle, la ripagava di tutto il resto, passato e presente. Di un padre che non ricordava nemmeno, per quanto poco era stato con lei. Di una madre nevrotica e ossessionata dall'idea di invecchiare, che se n'era andata con un commesso viaggiatore lasciandole un po' di debiti da pagare e la nonna malata da accudire. Di un lavoro che le lasciava solo briciole di tempo da dedicare alla nonna, alla casa ed a sè. Ma era arrivato Marco, e tutto il resto non contava più Era venuto dalla città. Quella città che tutte le sere si mostrava a Maria misteriosa nel suo alone di luce lattiginosa, inquietante e minacciosa. Maria la temeva. Quelle poche volte che vi si era recata, aveva provato un senso di solitudine soffocante, quasi una disperazione. Sentiva che quella città avrebbe potuto farle del male. Si avvicinava la mezzanotte. Dalla sua seggiolina al sesto piano Maria, con la testa appoggiata al muro e le braccia distese in grembo, guardava distrattamente la città più luminosa, più inquieta di sempre. Era la notte di San Silvestro. "Ti voglio bene - le aveva detto Marco la sera di qualche giorno prima, sul portone di casa - e vorrei non farti del male. Non ci vedremo più" "Non ci vedremo più". Se l'era ripetuta tante volte quella frase e stentava a convincersi che fosse vero. "Non è possibile" Si diceva. Come dire "Domani non sorgerà più il sole, si è prosciugato il mare.." Assurdo. Poi se n'era fatta una ragione. Era giusto così. Maria sapeva di non esser bella. E questa sua consapevolezza la rendeva goffa e insicura. I ragazzi non si voltavano quando lei passava per la strada, e quando usciva con un'amica, era con lei che preferivano parlare, scherzare e ridere. Maria lo sapeva bene. Perchè mai Marco sarebbe dovuto stare con lei?. C'erano tante ragazze carine, spigliate e simpatiche. Era giusto che lui si prendesse una di loro. Era un bel ragazzo, Marco, e la simpatia non gli mancava davvero. Era giusto così. I primi fuochi d'artificio cominciavano a solcare il cielo. Dapprima lontani, silenziosi. Tracce sottili rosse, verdi, luminose nel nero sbiadito del cielo. Poi qualcuno vicino, più nitido e luminoso. Maria li guardava, la testa appoggiata al muro. Li guardava correre su per il cielo, frantumarsi in cento scintille che brillavano tremule per un attimo e poi si spengevano. Quell'attimo l'affascinava, quel loro brillare incerto e spengersi in silenzio. Di loro, del loro colore, della loro luce, del loro splendore non rimaneva più nulla, come se non fossero mai esistite. Com'era diverso quella volta con Marco! Sdraiati sul prato osservavano i fuochi d'artificio che esplodevano sopra le loro teste in una tempesta di luci e di colori ed un fragore di tuono. Quando una scia luminosa s'innalzava sibilando nel cielo la seguivano con lo sguardo, e prima che esplodesse, si coprivano gli orecchi con i palmi delle mani e strizzando gli occhi, aspettavano lo schianto. Poi si voltavano l'uno verso l'altro e scoppiavano in una risata. Era la festa del Patrono. Tornando a casa, mentre lui la teneva stretta, lei ebbe per un attimo il nitido presentimento che quella sua felicità non sarebbe durata. Era un dono troppo grande per lei. Lo ricordava bene Maria . Per un attimo un groppo di pianto le aveva impedito di parlare. "Non ci vedremo più" aveva detto. Era giusto così. Cosa avrebbe potuto dare a Marco? Certo non la bellezza, che non aveva, l'intraprendenza, la simpatia. Gli avrebbe voluto bene. Questo sì. Gli avrebbe dato tutta se stessa, avrebbe cercato di migliorarsi.. Ma forse non bastava. Forse una sartina era tropo poco per Marco. E allora era giusto così. Se uno dei due doveva sacrificarsi era giusto che fosse lei. Quella città là in fondo se l'era ripreso. Le scie luminose diventavano sempre più fitte. Maria, sulla sua seggiolina le vedeva disegnarsi nel cielo nero slavato. Un gran silenzio tutto intorno. Solo quelle briciole di luce che brillavano incerte per un attimo e poi si spengevano. Maria si alzò stancamente dalla sua seggiolina di paglia lasciando scivolare a terra il giaccone che si era gettata sulle spalle. Si accostò al parapetto del terrazzo. Si lasciò cadere. Era da poco passata la mezzanotte. Un nuovo anno era appena cominciato.
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