Chiara

C'era una pianta di rose.

Cresciuta a dismisura per le continue innaffiature, non aveva evidentemente mai conosciuto le forbici di un potatore. Rami e spunzoni spinosi si intrecciavano in un groviglio inestricabile e fantasioso, tipico, più che altro, di un cespuglio di rovi che non abbia mai avuto a che fare con la zappa sterminatrice del contadino.

Da quel groviglio però ogni tanto riusciva miracolosamente ad emergere qualche bocciolo che dopo breve gestazione, si schiudeva in una splendida rosa. Rigorosamente rosa, come coerentemente dovrebbero essere tutti i fiori di rosa.

Il giardino intorno non stonava. Era poco più di un'aiuola delimitata da ciottoli bianchi e il continuo impianto di fiori e pianticelle di ogni tipo, dalla provenienza più disparata, gli conferiva un aspetto selvatico e primordiale, in perfetta armonia con la pianta di rose che lo sovrastava..

Dietro la pianta di rose, e relativo giardino, c'era la casa dove Chiara viveva con il suo Principe Azzurro. E dieci gatti. Pochi scalini, una veranda, e il portoncino di casa, con il pomello d'ottone rigorosamente tirato a lucido, si apriva su tre stanzine tutte pizzi e merletti.

Allineate a terra, su un lato della veranda, vi erano dieci scodelline tutte uguali per la pastura del gattaio, una scodella più grande per l'abbeveraggio e, impilate in un angolo, altre quattro o cinque scodelle vuote per gatti di passaggio o in trasferta nella stagione degli amori.

Gli utenti erano sparpagliati un po' ovunque, a secondo della posizione del sole o di un eventuale pioggia assassina. Supernutriti e sempre impegnati in difficili digestioni, vivevano in pacifica e fraterna comunione, come solo sanno fare coloro che hanno alloggio e cibo assicurato.

Il Principe Azzurro non c'era. O meglio, c'era eccome, ma solo nella mente e nel cuore di Chiara. Perchè Chiara il suo Principe Azzurro ce l'aveva, ma non era lì con lei e, quel ch'è peggio, non sapeva neppure dove fosse. Sapeva che esisteva, e basta. Era sicura che l'avesse cercata disperatamente e che ancora la stesse cercando, ma, poverino, sicuramente si era perduto e non riusciva a trovarla.

E come avrebbe potuto? Il mondo è così grande.

Si dice il destino, il richiamo del cuore. Una volta, forse. Quando il mondo era molto più piccolo e di Principi e Principesse in circolazione ce n'erano pochine. Allora forse il richiamo del cuore poteva bastare a far arrivare un Principe dalla contrada vicina. Ma oggi, senza un indirizzo preciso...

Questo era il grande cruccio di Chiara: sapere che in qualche angolo di mondo c'era il suo Principe Azzurro che la stava cercando e non poter far nulla per farlo arrivare fino a sè. E lei si sfogava innaffiando la rosa e pascendo i suoi gatti, che non  capivano, ma apprezzavano molto. E poi sicuramente il suo Principe era molto timido, come lei, e chissà forse non aveva nemmeno il cavallo bianco. Forse portava gli occhiali, perchè  non ci vedeva bene, come lei...

Ma era una donna forte e si faceva forza dicendosi che l'importante era che il suo Principe esistesse, e di questo era sicura.

Tante persone hanno i loro cari lontano e non per questo cessano di amarli. Anzi si dice che la lontananza rafforza l'amore. E poi non era ancora detta l'ultima parola. Poteva ancora darsi che il destino si decidesse a far avere al Principe l'indirizzo preciso della sua amata.

Per questo la casetta di Chiara era sempre agghindata a puntino, come si conviene per l'accoglienza di un principe. Al tempo della fioritura, una rosa, tutta rosa, faceva bella mostra di sè sul tavolo del salotto. Lei sapeva che il suo Principe amava molto i fiori, come lei... E in un angolo c'erano due poltrone a dondolo, accostate. Una ormai consunta e l'altra ancora intatta, con un poggiatesta ricamato su cui nessuno aveva mai poggiato il capo...

C'erano però anche i giorni della malinconia, quando la lontananza del Principe le diventava insopportabile. Rosa e gatti allora non le bastavano più.

Prendeva allora carta e penna, carta delle migliori, come si conviene per una corrispondenza regale, e gli scriveva. Raccontava le sue giornate, nei più piccoli dettagli: la fioritura di una rosa, i disturbi di stomaco di qualche gatto, la pioggia che aveva allagato il giardino... Descriveva la sua attesa che non finiva mai... Dava libero sfogo alla voce del cuore....

Poi piegava i fogli con cura, metteva tutto nella busta, delle migliori, come si conviene, e sopra, con bella calligrafia scriveva: "Al signor Principe Azzurro di Chiara" .Recapito: sconosciuto. E imbucava.

Sapeva che stava facendo una cosa insensata, ma questo l'aiutava ad andare avanti.

La signora delle Poste sapeva, ma non se la sentiva di cestinare le lettere di Chiara, nè poteva certo rinviarle al mittente. Contravvenendo al regolamento, le riponeva allora, tutte stipate ma in ordine cronologico, in uno scatolone di cartone sotto uno scaffale dell?Ufficio. Quando poi non ci sarebbe stato più posto in un modo o nell'altro avrebbe provveduto.

Così Chiara, la pianta di rose e i suoi gatti vissero per tanti anni. Fino a quando Chiara cominciò a far fatica a salire e scendere i pochi scalini di casa. E per altri anni ancora.

Poi un giorno la pianta di rose cominciò ad appassire. Dopo un paio di giorni era sicuramente morta.

Allora Chiara seppe con certezza che il suo Principe Azzurro non sarebbe mai giunto fino a lei. La sua appassionata ricerca era finita. In qualche parte di mondo, lontano, o chissà forse vicinissimo, a due passi da lei. Non era riuscito a trovarla.

Chiara si chiuse in casa e non volle più uscire. Il giardino in breve seccò con la pianta di rose scheletrita sempre al suo posto. I gatti emigrarono in cerca di nuove scodelle.

 

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