Signorina della pioggia

Sembrava uscita da un libro di favole. Con una mantellina blu e le trecce bionde che da sotto il cappuccio le scendevano sul petto, se ne stava dietro il portone semiaperto del palazzo, al riparo dalla pioggia, come se aspettasse qualcuno.

"Ciao signore. Posso venire con te fino al parco?"

"La mamma si èraccomandata di non bagnarmi..." aggiunse.

In quel quartiere io ci abito da una decina d'anni e la gente che vi risiede la conosco un po tutta, ma quella ragazzina non l'avevo mai vista. E dire che davanti a quel portone ci passo almeno quattro volte al giorno per andare a lavorare.

Ci passo anche per andare al parco, un paio di isolati da casa, al di l?di un vialone sempre intasato di macchine e motociclette.

Mi piace molto fare quattro passi nel parco. Chiudere fuori il mondo e gironzolare tra gli alberi, le siepi e le aiuole zappettate e fiorite. E, difficile a credersi, mi piace andarci soprattutto con la pioggia. Chissà perchè.

"Spirito decadente, destinato all'estinzione" sentenzia mia moglie che ovviamente ama il sole che spacca le pietre e non sa resistere al fascino del cemento e dell?asfalto.  

Forse ha ragione, forse dovrei  già essere estinto...

"La mamma è malata" aggiunse ancora la ragazzina sporgendosi un po' verso di me oltre il portone.

"La mamma guarirà presto - risposi - e lei, signorina, può accomodarsi. Il mio ombrello è grande abbastanza per riparare tutti e due."

Si chiamava Priscilla, disse.

La osservavo con la coda dell'occhio mentre camminava accanto a me, attenta ad evitare le pozzanghere o a sporgersi troppo dall'ombrello riparatore.

Ero contento che ci fosse. Era come avrei voluto che fosse mia figlia. Ma a me che con i bambini sto meglio che con gli adulti, di figli non ne erano venuti. Dovevo contentarmi di insegnare ai figli degli altri. Un maestro. Un maestro decadente che ama passeggiare nel parco quando piove.

La ragazzina mi parlò dei suoi compagni di classe, della sua maestra. Mi parlò di  sua madre. Non disse nulla di suo padre, nè io glielo chiesi.

"Siamo arrivati al parco, signorina. Attraversiamo la strada e siamo arrivati. Si tenga vicino a me. Il parco ci attende"

Ma proprio mentre stavamo per inoltrarci sulle strisce pedonali, la ragazzina si fermò.

"Devo tornare a casa - disse con un filo di voce nascondendo il viso sotto il cappuccio della mantellina - mi sono ricordata che devo fare i compiti per la scuola. Devo proprio andare"

E prima che io potessi dire qualcosa, incurante della pioggia, scappò via verso casa.

Davanti ai cancelli del parco, Urania, sotto un ombrellino ridicolo e sgangherato, sfidava imperterrita la pioggia che proprio in quel momento, dopo una mattinata di va' e vieni, era diventata più intensa. Se ne stava seduta davanti al suo banchetto sistemando un cellophan trasparente sulla mercanzia: noccioline e liquirizia per i frequentatori del parco.

Urania: età indefinita, occhialini d'argento su un viso da Fata Smemorina, capelli bianchi raccolti a cipolla e fermati con un ago da lana sulla nuca.

"Buon giorno Urania, stia attenta a non far bagnare  la mercanzia."

"Buon giorno, dottore - Urania aveva deciso, contro la mia volontà che io dovessi essere un dottore - sempre che per lei questa possa essere una bella giornata. E quanto alla mercanzia, non si preoccupi, è in buone mani"

 

Al mio paese piove molto, con sommo gaudio degli alberi, siepi e piante varie del parco.

Nonostante fossero passati solo pochi giorni, avevo dimenticato la ragazzina dalle trecce bionde e dalla mantellina blu.

"Ciao signore "

Lei era ancora lì  appena dietro il portone semiaperto, al di là della pioggia.

"Signorina! Sono contento di vederla. Ma noi ci incontriamo sempre quando piove? La chiamerò Signorina della pioggia.

Signorina della pioggia, vuole accomodarsi sotto il mio ombrello?"

"Si " fece lei.

"Ha fatto i compiti per la scuola?"

"Si" fece nascondendo il viso sotto il cappuccio.

"E la mamma è guarita?"

"No, è ancora malata. Il dottore ha detto che la sua è una malattia lunga, lunga. E che io devo curarla bene, se no non guarisce. Ma lei dice che sta bene e che deve andare a lavorare"

"Vorrei  tanto che la mamma guarisse presto.. " aggiunse sottovoce.

Mentre camminavamo schivando pozzanghere e passanti frettolosi, mi parlò di Filippa, la sua gattina nera, che aveva una coda corta corta con una macchia bianca  sulla punta. Filippa le faceva compagnia il pomeriggio, quando sua madre andava a lavorare e lei rimaneva sola in casa. Parlò di sua madre. Di suo padre non disse nulla.

Quando giungemmo in prossimità del passaggio pedonale che portava al parco, la ragazzina ammutolì e cominciò a camminare sempre più piano.

Al momento di attraversare la strada:

"Non posso venire " disse sottovoce, arrestandosi sul marciapiedi.

"Ma come, anche questa volta?" dissi da mezzo alla strada voltandomi verso di lei.

"Si, bisogna che torni a casa, devo dar da mangiare a Filippa e poi mi scappa la pipì..mi scappa forte.devo andare - il viso era completamente nascosto nel cappuccio della mantellina. Ciao.. " e corse via.

Rimasi qualche attimo esitante in mezzo alla strada, con le auto ferme che aspettavano impazienti. Poi continuai e m'inoltrai nel parco.

 

Dopo molti giorni di un sole pallido e malaticcio, aveva ricominciato a piovere. Tanto per cambiare.

La ragazzina dalla mantellina blu non l'avevo più vista, ma mi tornava spesso nella mente. Quando andavo al parco, passando davanti al palazzo dove l'avevo incontrata, la cercavo inutilmente con gli occhi nel buio oltre il portone, la cercavo tra i passanti che a quell'ora affollavano il marciapiede.

Quella ragazzina mi aveva incuriosito. Non riuscivo a spiegarmi le sue piccole innocenti bugie, il suo strano comportamento al momento di attraversare la strada. Mi sconcertava la sua improvvisa comparsa in un giorno di pioggia senza che l'avessi mai vista prima.

 

Era stata una notte di temporali. La strada era cosparsa di pozzanghere.

Lei mi sorrise, mentre mi avvicinavo al portone.

"Ciao, ti aspettavo "

"Signorina della pioggia, quanto tempo che non ci vediamo! Posso accoglierla  sotto il mio ombrello? Con tutta la pioggia che ha fatto, il parco sarà uno splendore "

"Si " fece lei.

"Prima però mi prometta che non mi pianterà in asso come le altre volte. Promesso?"

"Lo prometto" fece con un pallido sorriso.

Ci incamminammo tra la gente.

Avrei voluto chiederle tante cose. Avrei voluto prenderla per mano. Non lo feci.

Provavo la strana sensazione che l'avrei ferita.

Come una farfalla. Non la puoi toccare. Puoi solo gioire della sua presenza, della sua bellezza. Ma la devi lasciare libera. Non puoi fermarla.

"Assomigli tanto al mio babbo" disse. Non aggiunse altro.

Mentre ci avvicinavamo al parco, al di là del vialone, non le toglievo gli occhi di dosso.

Quando fummo sul punto di attraversare la strada, la vidi improvvisamente irrigidirsi.

Poi si coprì il viso con le mani e scoppiò a piangere.

"Non posso, non posso.." mormorò.

Mi chinai davanti a lei, sul ciglio della strada.

"Signorina della pioggia, bambina mia "

Si voltò e corse via singhiozzando.

Urania era alle prese con il suo ridicolo ombrellino che non riusciva a stare aperto ed a fare il suo dovere.

"Ha visto Urania che traffico? Hanno tutti fretta." dissi, tanto per dire qualcosa. La mia predisposizione al dialogo in quel momento era nulla.

"Sono solo degli stronzi - disse Urania  tenendo aperto stizzita l' ombrellino con la mano - prendono l'auto anche per andare a pisciare"

"Beh, Urania, forse lei esagera a un po'- commentai, sconcertato da una scioltezza linguistica che non avrei immaginato - Una cosa è certa, però.  Con tutto questo traffico prima o poi ci scapperà un bell'incidente"

"C'è già scappato, dottore. Arrivi tardi - guardò l'ombrellino che sembrava reggere - Parecchi  anni fa. Era un giorno come questo... una pioggerella sottile e maledetta che ti entrava anche nelle mutande.

E io ero qui, dove mi vedi adesso, come da trent'anni a questa parte. Magari non ci fossi stata, magari Dio m'avesse levato dal mondo la notte prima.

La' sulle strisce pedonali che hai appena attraversato. .. un'auto non si è fermata. Boia d'un mondo! Lo sanno anche i mocciosi che sulle strisce si dà la precedenza ai pedoni. Ma quella no, non si è fermata. Chissà, forse il conducente era ubriaco, forse pensava alle sue puttane... che ne so io.

Lei  me la ricordo bene. Era qui a due passi da me sul selciato. Ce l'ho ancora davanti agli occhi.  Era solo una ragazzina, una mantellina di incerata blu, le trecce bionde"

Tacque. Tornò a rimboccare il cellophan sulle  noccioline. Poi riprese.

"Veniva sempre al parco con suo padre, anche quando pioveva. Lo vedeva anche un cieco che si volevano un bene dell'anima. Poi da un giorno all'altro suo padre non l'ho più visto. Chissà che fine ha fatto...

Lei per un po' ha continuato  a venire, da sola. Poi è successo... quello che ti ho detto."

Scostò l'ombrellino da sopra la testa e guardò per qualche attimo la pioggia che le cadeva sul viso.

Continuò.

"Pensa che il giorno prima m'aveva detto: - Urania, la tua liquirizia è la più buona del mondo.-

Hai capito, dottore? Solo il giorno prima.

Che schifo di mondo. Che schifo!"

 

Io adesso per andare al parco passo da un'altra parte. E' solo una stupidaggine, lo so bene, ma non mi sento di fare diversamente. Mi dispiace solo che non incontro più Urania con le sue noccioline e i bastoncini di liquirizia.

Quella ragazzina non l'ho più vista. Nei giorni di pioggia, però passeggiando nel parco mi capita spesso di voltarmi all'improvviso come se fosse accanto a me.

 

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