Ninnarello

Come pochi altri che l'hanno preceduto, Ninnarello è stato l'espressione più viva del Porto Santo Stefano che non c'è più

Ringrazio il fratello di Ninnarello, sign. Giuseppe Corci  per l'autorizzazione alla pubblicazione.

 

Ninnarello era il custode del Tempio.

Ossia, per essere più precisi, era il sacrestano della chiesa parrocchiale di Porto Santo Stefano. Paese di pescatori e vignaioli, santi e peccatori. Più santi quando il paese era ancora per gli indigeni. Più peccatori dopo che il turismo d'elite lo aveva trasformato in una dependance vacanziera per VIP a cui occorreva un po' di mare per riprendersi dallo stress metropolitano.

Ninnarello era il depositario delle sacre chiavi. Lui al mattino apriva le porte del Tempio ai fedeli, principalmente donne di mezza e tutta età perchè implorassero perdono per i loro peccati, prima di commetterne altri, e le richiudeva al calar della notte.

Chi restava fuori, peggio per lui. La notte è sempre stata un po' pagana e lussuriosa.

Di notte è bene che la chiesa stia chiusa.

Gli uomini , che passavano quasi tutto il giorno in mare sui pescherecci o al podere sul monte, avevano da parte loro con il Tempio un rapporto più che altro pasquale e natalizio. Per il resto propendevano per un culto personalizzato e senza intermediari.

Ma era gente semplice e generosa. Era il tempo delle acciughe regalate a cassette, quando la pesca era abbondante, e del grappolo d'uva e del bicchiere di vino offerto ai passanti al tempo della vendemmia.

Poi gli indigeni capirono che così non si sarebbero mai evoluti. Cominciarono a vendere i loro poderi ai VIP bisognosi di una casetta sulla scogliera e il pesce ai grossisti che lo portassero nelle pescherie delle metropoli.

Si arricchirono. Presero a frequentare la chiesa con maggiore assiduità.

Ma di questa evoluzione socio-culturale dei paesani a Ninnarello non gliene poteva importare di meno.

Lui aveva la sua missione e andava diritto per la sua strada. Giovanotto dal portamento e dall'incedere non proprio elegante e dall'eloquio un po' balbuziente, era amico di tutti e di nessuno. Tutti lo salutavano incontrandolo. Tutti si fermavano a scambiare una battuta con lui. Tutti gli volevano bene. Ma di amici veri e propri nessuno. Le donne, poi, non esistevano proprio.

"Ciao, Ninnare' , dove vai sempre di corsa? Fermati qui un momento con noi"

"Ninnare', mi hanno detto che ti sei fidanzato"

"Ninnare' , hai visto quella suorina che è appena arrivata?"

Lui stava sempre alla battuta, non se la prendeva mai di niente.

Ma, varcata lo soglia della chiesa, lui era un'autorità. Riconosceva a malapena come suo superiore soltanto il parroco, ma solo per ciò che riguardava le funzioni religiose e la somministrazione dei sacramenti. Cose, fra l'altro, che avrebbe potuto fare benissimo anche lui, se solo gliel'avessero concesso.

Ma per tutto il resto la chiesa era cosa sua. Il parroco poteva solo suggerire, consigliare. Salvo poi fare di testa sua quando non era d'accordo. Al suo diretto servizio c'erano le vecchiette del paese che si erano votate alla pulizia della chiesa sperando in un occhio di riguardo quando sarebbe stato il momento.

Con loro Ninnarello era un despota.

"Maria, pulisci qui""Ma l'ho fatto ieri""Ieri era ieri e oggi è oggi. Pulisci! "

"Francesca, la Madonna va spostata un po' più nell' angolo" "Ma il parroco mi ha detto di metterla lì" "Il parroco di queste cose non se ne intende. Fai come ti dico."

"Giuseppina, Sant'Antonio è tutto polveroso, puliscilo."

La domenica mattina, con le messe da celebrare, Ninnarello non aveva un attimo di tregua. Era tutto un andirivieni, tra le panche per accertarsi che i fogli per la messa fossero al loro posto, all'altare per dare un'aggiustatina al calice e al messale, all'ambone per controllare i nomi dei lettori e che il microfono funzionasse a dovere, al coro, che ci fossero tutti e che fossero istruiti a dovere, ecc. E se le cose non andavano per il verso giusto, ce n'era per tutti. Lui era il responsabile e bisognava fare come diceva lui. Disturbarlo in questo frangente non era opportuno.

La raccolta delle offerte durante la messa è sempre stato un momento delicato, sia perchè un po' stridente con la spiritualità della funzione religiosa che si sta celebrando, sia, e soprattutto, perchè va a toccare direttamente il portafoglio delle persone.

Consapevole di ciò Ninnarello l'affrontava con gran garbo e delicatezza. Non obbligava nessuno. Se durante la raccolta qualcuno, al suo passaggio, non contribuiva, gli si piazzava davanti scuotendo rumorosamente la busta con le monetine raccolte e aspettava. Come a dire, a lui "Paga!", e agli altri intorno a lui "Costui non sta pagando". Solo se il malcapitato, che nel frattempo era diventato piccino piccino, riusciva a far intendere, con sguardo addolorato, che proprio non aveva un centesimo perchè si era dimenticato il portafoglio a casa, allora Ninnarello, con fare decisamente seccato, passava oltre. A esigere dai successivi, che l'aspettavano con l'offerta ben visibile in mano, come a dire "Io non sono come questo pubblicano, io l'offerta per il tempio ce l'ho."

Mandare avanti una chiesa non era cosa facile. Occorreva carattere. E Ninnarello il suo caratterino ce l'aveva e spesso lo tirava fuori.

Tutti a voler qualcosa, tutti con i loro problemi. Cercassero piuttosto di crearsene di meno e di risolverseli da sè. Lui non poteva star dietro a tutti.

I chierichetti, mai puntuali alle messe, sbadati e senza cervello.

Le suore poi! Sempre tra i piedi a voler dire la loro, a metter bocca su tutto. Ma a che servivano le suore? C'era lui, c'era il prete, bastavano e avanzavano. Che se ne stessero nei loro conventi a recitare il rosario, anzichè intralciare il lavoro degli altri. Mandare avanti una chiesa era cosa da uomini.

E le vecchiette? Dovevano essere istruite e sorvegliate. Lasciate senza una guida oculata e responsabile, loro non avrebbero fatto altro che pulire e lucidare mattina e sera la Madonna e Santo Stefano, il patrono.

Già la Madonna mostrava segni di usura dovuti al continuo strofinamento, soprattutto alla punta del naso e al mento. Di questo passo l'avrebbero resa irriconoscibile.

Sant'Antonio al contrario conservava integra la sua verniciatura, protetta sotto un dito di polvere. Il fatto è che Sant'Antonio non incontrava molto nel credo dei paesani. Fosse dipeso da loro l'avrebbero già buttato a mare da tempo e sostituito con un altro più simpatico ed affidabile.

Le processioni del Venerdì Santo e dell'Assunzione erano le più belle.

Già dal tardo pomeriggio in paese si respirava l'attesa.

Quando poi dopocena il serpentone cominciava a snodarsi per le vie, tra ceri accesi e coperte ricamate distese alle finestre, il paese si fermava in silenzio, quasi trattenendo il respiro. E il canto dolcissimo delle pie donne si spandeva giù fino al mare, risaliva su al monte. Raggiungeva le stelle.

Era il tempo delle acciughe regalate a cassette e del bicchiere di vino novo offerto ai passanti.

Ninnarello in tali occasioni era tutto un fermento. Già dal pomeriggio accudiva ai preparativi, dando ordini frenetici ai chierichetti, alle vecchiette sue subalterne, alle volontarie, ai frati scesi per l'occasione dal convento, alle suore. Ma a che servivano le suore? Tutto doveva essere pronto per il gran momento e ognuno doveva sapere il posto che avrebbe occupato in processione. "Te di qua, e te di là" "Gli uomini con gli uomini e le donne con le donne" "I chierichetti avanti" "La banda dopo il Santissimo" "Le autorità in coda", e così via.

Quando poi la processione si formava, all'uscita dalla chiesa, Ninnarello prendeva la posizione che gli competeva. Direttore del coro delle pie donne.

Indossata la sua cotta bianca da sacrestano, simbolo del potere, si collocava al centro del gruppo delle donne in gramaglie nere e, con la candela accesa in una mano e i fogli degli inni nell'altra, diffondeva a squarciagola il suo canto.

Che per la verità non era particolarmente melodioso. Più che l'usignolo richiamava alla mente quel volatile tutto nero che nidifica nelle torri dei borghi medioevali.

Per Ninnarello poi una musica valeva l'altra. Che fosse liturgica, operistica, profana o militare, poco importava. I suoi inni alla Vergine musicalmente non differivano molto dall'Inno di Mameli o dalla Marcia di Radetzky. Ma questo era irrilevante. Quelle che contavano erano le parole. E quelle erano giuste.

Se poi le coriste mostravano cenni di stanchezza o si distraevano per salutare qualcuno, ci pensava lui a richiamarle al dovere. Un inequivocabile cambiamento del timbro di voce accompagnato da occhiatacce fulminanti richiamavano le colpevoli all?ordine. Come il maestro a qualche scolaro che di soppiatto disturba o si distrae durante le spiegazioni.

 

Vari parroci si sono succeduti mentre il paese pian piano cambiava e più ancora cambiavano gli abitanti. Ma Ninnarello è rimasto alla guida della sua chiesa. Fino all'arrivo dell'ultimo parroco.

Lui ha ritenuto che un invito alla pensione sarebbe stato opportuno.

 

Ho incontrato, qualche anno dopo, Ninnarello sul lungomare.

"Ninnarello, quanto tempo che non ti vedo in chiesa!"

"In chiesa? E che ci vengo a fare. Ci sono stato così tanto tempo. Ora sono in pensione, voglio godermi la vita."

Ninnarello era diventato un pagano.

 

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