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Assedio di Orbetello |
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Nota: Come sempre in quel tempo, le informazioni fornite dalle varie fonti circa l'entità delle forze in campo e l'esito degli scontri sono spesso contraddittorie. Nel seguito saranno utilizzate le fonti indicate in calce.
Lo Stato dei Presidi nel 1646 fu teatro di un importante episodio si guerra tra le truppe di un corpo di spedizione francese e quelle spagnole e napoletane che lo difendevano. Nell’ambizioso progetto del cardinale Mazarino, reggente in Francia per la minore età di Luigi XIV, di togliere agli spagnoli i loro possedimenti in Italia, Orbetello fu soggetto per più di due mesi, dal 9 maggio al 20 luglio del 1646, ad assedio da parte di forze francesi comandate dal principe Tommaso di Savoia. Quelle spagnole e napoletane che lo difendevano erano al comando del generale Carlo Della Gatta. La preparazione diplomatica Lo Stato dei Presidi, espressamente voluto da Filippo II di Spagna come proprietà diretta della Corona, rivestiva un’importanza strategica fondamentale. La sua posizione al centro della penisola e affacciato al Tirreno permetteva il controllo del traffico marittimo e consentiva di esercitare un’azione di pressione diplomatica sugli stati limitrofi: il Granducato di Toscana e lo Stato della Chiesa soprattutto, ma anche i ducati di Modena e Parma, oltre l’Appennino. In quegli anni il pontefice Innocenzo X, soggetto a fortissime pressioni dalla Spagna da una parte, a cui lo legavano rapporti antichi e consolidati, e la Francia dall’altra che cercava di tirarlo a sé promettendo in cambio il suo appoggio militare e diplomatico in Europa e per contrastare i turchi nel Mediterraneo, simpatizzava decisamente per la prima. Contribuiva a tale posizione personale, condivisa da buona parte della Curia, il suo contrasto con la famiglia Barberini tradizionalmente legata alla Francia. D’altra parte il pontefice, che non intendeva assolutamente inimicarsi la Spagna, non intendeva neppure esporsi più di tanto nel suo contrasto con la Francia ben consapevole della forza e dell’influenza che esercitava su ampi settori della Curia. La spedizione contro lo Stato dei Presidi fu accuratamente preparata dal Mazarino sul piano diplomatico.
Le operazioni militari ad Orbetello Il 9 maggio del 1646 una consistente flotta di 24 vascelli da combattimento, 20 galere e un centinaio di navi minori e da trasporto (*) comparve sul mare tra le foci dell'Osa e dell'Ombrone. Era salpata il 26 aprile dai porti di Tolone e di Marsiglia al comando dell’ammiraglio Armand de Maillé, duca di Brezé ed imbarcava un’armata di terra di quasi 7000 unità tra fanti e cavalieri, con numerosi nobili avventurieri. L'armata era al comando del principe Tommaso di Savoia, imbarcatosi il 30 aprile a Vado con due reggimenti di piemontesi e numerosi cavalieri. Le forze a difesa dei Presidi, circa 200 uomini per metà spagnoli, si trovavano in quel momento sotto il comando del generale Carlo Della Gatta, valente uomo d’armi espressamente nominato dal vicerè di Napoli Rodrigo Ponz di Leòn, duca d'Arcos, quando non ci furono più dubbi sulle mire del Mazarino. Il generale, dopo aver riorganizzato il sistema difensivo che versava in gravi condizioni di degrado ed inefficienza, all'avvicinarsi delle forze francesi concentrò tutte le risorse in uomini, munizioni e vettovaglie in Orbetello, sicuro che verso quella piazza si sarebbe rivolto l’assalto dei nemici. In Porto Ercole, indispensabile per mantenere i collegamenti con Napoli, lasciò un contingente non numeroso ma ben asserragliato nelle sue inespugnabili fortezze. Le operazioni militari cominciarono sotto i migliori auspici per i colori francesi. Il duca di Brezè, lasciata una mezza dozzina di vascelli e di galere per la conquista dei forti di Talamone e delle Saline, inviò 5 vascelli e quattro galere a bombardare il forte di Porto Santo Stefano. Qui, dopo che i francesi ebbero ucciso il capitano Bartolomeo Fes, raso al suolo il parapetto e distrutti i cannoni in dotazione, i 40 uomini della guarnigione si arresero. Il giorno dopo le truppe francesi al comando del principe Tommaso presero terra alla foce dell'Albegna e si accamparono in località Il Cristo, vicino ad Orbetello. Rimaneva saldamente nelle mani degli spagnoli-napoletani la sola Porto Ercole, al riparo delle sue possenti fortezze L’esercito francese quindi, come previsto dal generale Della Gatta, cinse d’assedio Orbetello. Al fine di interrompere le comunicazioni tra Porto Ercole ed Orbetello, fu costruito dai detenuti delle galere un terrapieno sulla Feniglia, presidiato da una consistente guarnigione ed una batteria di cannoni, Forte Garnier, ed un altro a Terrarossa, Forte Reale. Fu poi posto un presidio sull'unico accesso in laguna dal mare, presso la Torre della Peschiera, per impedire che imbarcazioni spagnole potessero portare soccorso ad Orbetello. Infine fu organizzato il pattugliamento della laguna con una trentina di imbarcazioni per impedire soccorsi e rifornimenti alla cittadina assediata. Gli assalti furono quindi concentrati sul tratto delle mura rivolto verso terraferma. Il vicerè di Napoli, da parte sua, consapevole dell'enorme disparità di forze tra il corpo di spedizione francese e i difensori asserragliati nella città, provvide ad inviare urgentemente, sotto il comando del marchese del Viso e di Nicolò Doria, un primo consistente nucleo di rinforzi: il 25 maggio una squadra di 5 galere di Napoli, con 2 polacche ed altre imbarcazioni al seguito, eludendo la sorveglianza della flotta francese, riuscì a sbarcare in Porto Ercole circa 700 soldati e una grande quantità di viveri e munizioni. Non ebbe uguale esito una seconda spedizione con 400 fanti imbarcati. Il naviglio fu scoperto davanti a Palo, vicino Ladispoli, e disperso, mentre la maggior parte degli uomini imbarcati riusciva a mettersi in salvo sul continente. Assedio di Orbetello 1646 L'assedio però, che nelle previsioni avrebbe dovuto concludersi in pochi giorni, si rivelò ben presto inconcludente per la ferma resistenza delle truppe spagnole-napoletane saldamente arroccate nelle loro posizioni fortificate. Gli assediati, abilmente guidati dal generale Della Gatta, sfruttando la solidità delle strutture difensive e ricorrendo a frequenti sortite notturne per distruggere ciò che gli assedianti avevano costruito durante il giorno e scompigliare le loro linee offensive, riuscirono per i mesi di maggio e giugno a respingere tutti gli assalti, impedendo ai nemici di varcare il fosso difensivo antistante le mura (il fosso fu interrato nel 1926). Certamente, oltre al valore delle truppe assediate e all’abilità di chi le comandava, ebbero un certo peso anche altri fattori, come riportano scritti dell'epoca -“la malignità dell’aria di que’ luoghi in questa stagione, contro la quale non vale impugnar lancia o spada” - e dissapori e diffidenze tra il comandante Tommaso, considerato un intruso per le sue origini sabaude, e i suoi ufficiali e truppe che non gli risparmiavano accuse più o meno esplicite di incapacità se non addirittura di tradimento. Tommaso di Savoia da parte sua non si sforzava troppo di nascondere la sua opinione che gli insuccessi dell'armata fossero in gran parte dovuti all'incapacità e vigliaccheria dei suoi soldati e comandanti - "i nostri abbandonarono vigliaccamente la trincea.."- Degna di nota è la partecipazione degli abitanti di Orbetello, compreso il clero, alla difesa della loro città, segno evidente di un rapporto ormai cementatosi dopo un secolo di convivenza. Accanto alle truppe spagnole-napoletane partecipavano alla lotta, secondo fonti dell'epoca, una compagnia di 350 orbetellani, due compagnie di picchieri reclutati nelle località circostanti ed una compagnia di 60 frati e sacerdoti. Il 5 e 6 giugno si verificarono due eventi importanti. Soldati spagnoli usciti nella notte appiccarono il fuoco alle strutture offensive predisposte dai francesi per l'assedio. Nello scontro a fuoco che ne seguì gli assedianti, bersagliati da terra e dall'alto delle mura, ebbero notevoli perdite. Il giorno 8, quando la situazione degli assediati cominciava a diventare critica, un soldato, attraversata a nuoto la laguna, entrò in Orbetello portando una missiva del duca di Arcos, vicerè di Napoli. In essa si raccomandava a Carlo della Gatta di non arrendersi perchè stava arrivando in suo aiuto l'Armata Navale Spagnola ed un esercito era in procinto di partire da Napoli. In effetti alla Corte di Spagna il sovrano Filippo IV, molto interessato a che i Presidi rimanessero in mano spagnola, venuto a conoscenza della presenza della flotta francese nel mare di Toscana e della difficile situazione di Orbetello assediata, aveva ordinato l'invio nel Mediterraneo dell'Armata dell'Oceano, di stanza a Cadice e della Squadra di Dunkerque, per un totale di 27 vascelli, con altro naviglio minore, per unirsi alle 12 galere di Spagna già presenti in quel mare, con un consistente nucleo di fanti e cavalieri a bordo di imbarcazioni al seguito. Ad esse si sarebbero uniti, al largo delle coste sarde, una squadra di 18 galere di Napoli, Genova, Sicilia e Sardegna al comando del marchese del Viso, e più tardi 8 vascelli di Napoli e 6 di Sicilia (**). Il comando della flotta così composta, molto controverso e indecifrabile, era, almeno formalmente, nelle mani del generale Francisco Diaz Pimienta, in quanto comandante dell'Armata dell'Oceano, di gran lunga la componente più numerosa e potente dell'intera flotta spagnola. Il contatto tra le armate spagnola e francese avvenne il 13 giugno nelle acque dell' Argentario. La battaglia navale vera e propria avvenne il 14. Sebbene in essa avesse perso la vita l'ammiraglio dell'Armata Francese, il ventisettenne duca di Brezé, più volte vincitore in scontri con gli spagnoli, non fu nè particolarmente cruenta nè risolutiva, ma la flotta francese dovette per qualche tempo cedere a quella spagnola il dominio delle acque dell'Argentario. Duca di Brezè Ciò consentì un afflusso più sostanzioso di soccorsi, in uomini, vettovaglie e materiali, per gli assediati. Tali aiuti però, sbarcati a più riprese a Porto Ercole, solo in minima parte riuscirono ad arrivare a destinazione, sia per lo sbarramento dell'istmo della Feniglia da parte dei francesi ben asserragliati nelle loro fortificazioni, sia per il vigile controllo della laguna da parte di questi. Nella seconda metà del mese di giugno, approfittando dell'assenza dell'Armata Francese, che consentiva alla Armata Spagnola di sbarcare liberamente le truppe imbarcate, si verificarono alcuni scontri tra le truppe spagnole e quelle del principe Tommaso. Essi avvennero in prossimità del Portuso, all'Ansedonia e a Terra Rossa ma risultarono inconcludenti per gli spagnli che subirono notevoli perdite. In particolare il 28 giugno il generale Pimienta, su richiesta del generale Della Gatta che chiedeva con insistenza un attacco diversivo contro i francesi per alleggerire la pressione su Orbetello, fece sbarcare a Cala Galera, presso Porto Ercole, i fanti dell'Armata e delle Galere e occupò due colline sovrastanti la laguna. Lo scopo era di creare una testa di ponte da cui inviare, su imbarcazioni, soccorso agli assediati. L'iniziativa non ebbe successo. La reazione dei francesi, decisa e cruenta per ambo le parti, costrinse gli spagnoli a ritirarsi nel Forte Filippo. Parimenti fallirono i tentativi di riconquistare dal mare, approfittando dell'assenza della flotta avversaria, le fortezze di Talamone e Porto Santo Stefano che rimasero in mani francesi. Nell' ultimo giorno del mese di giugno cadde combattendo sulle Mura di Orbetello il giovane Giuseppe Della Gatta, unico figlio, diciottenne, del generale. Fu sepolto nella chiesa di S. Francesco di Paola, dove ancora oggi è conservata la sua lapide tombale. Fallito il tentativo di aprire un secondo fronte con i francesi, gli spagnoli ripiegarono su un tentativo di inviare direttamente attraverso la laguna un nucleo di uomini in soccorso agli assediati. Cìò avvenne la notte del 2 luglio, ma di 160 uomini disponibili, solo 60 riuscirono a raggiungere Orbetello. Tra le tante operazioni belliche di quei giorni in Orbetello, vale la pena di citarne una, ovviamente riportata da fonte spagnola, che però esprime lo stato d'animo che il generale Carlo Della Gatta aveva saputo creare negli assediati: "....In quei giorni Carlo della Gatta ordinò una sortita, degna di un poema eroico, e più meritevole di essere cantata con l'accompagnamento di una lira che di essere esposta con la semplicità che si addice a questa relazione, sacrificando l'entusiasmo alla veridicità dell'accaduto. Uscirono dalla piazza 100 uomini al comando dell'aiutante del tenente generale D. Jeronimo Aznar e dei capitani Miguel Puche e Pedro Mendez, incendiarono ai nemici alcune fortificazioni e si impadronirono di dodici pezzi di artiglieria di bronzo e di un trabucco. Tali azioni venivano seguite attentamente dai soldati sulle mura. Ma giunse un momento in cui quelli della fortezza giudicarono che la vita di quei cento valorosi fosse in pericolo. Il capitano Juan de Urbiales che era di guardia quel giorno, si lanciò allora sul fosso dicendo ai suoi: "Ora è il momento che chi si considera al servizio del Re e mio amico mi segua" Lo seguirono in sessanta che si unirono ai cento, terminarono di conquistare le fortificazioni e misero i francesi in fuga con tale disordine, che il Principe Tommaso e i suoi ufficiali non li poterono trattenere...." Il pressochè totale fallimento delle operazioni di terra da parte degli uomini dell'Armata convinse il generale Pimienta e il duca di Linhares a sospendere le attività in attesa che giungessero la cavalleria e la fanteria partite da Napoli il 15 giugno. Ebbero un peso notevole sugli insuccessi degli spagnoli le discordie tra i comandanti circa la gerarchia di comando da realizzare sul campo: in particolare tra il duca di Linhares, generale delle Galere di Spagna nel Mediterraneo, il marchese del Viso, generale di quelle napoletane, e l'ammiraglio Pimienta, generale dell'Armata dell'Oceano. Tali discordie, al contrario di quanto succedeva in Orbetello con il generale Della Gatta, comportarono inevitabilmente carenze di coordinamento e diffidenze reciproche che disorientavano non poco ufficiali, truppe e marinai e ne deprimevano il morale Le sorti della guerra volsero decisamente a favore degli assediati il 10 luglio con l'arrivo a Porto Ercole di ingenti rinforzi napoletani via mare, circa 6000 fanti, al comando di Carlo Andrea Caracciolo, marchese di Torrecuso, e soprattutto di 2000 cavalieri via terra, al comando del generale Luigi Poderico , qualche giorno dopo, attraverso la Stato della Chiesa e il Ducato di Castro. I nuovi consistenti rinforzi e l'esperto comando del Caracciolo, nominato dal vicerè di Napoli, per superare i dissidi esistenti, comandante supremo di tutte le forze di terra e di mare, squilibrarono nettamente le forze in campo nonostante lo sbarco di qualche giorno prima di nuove truppe dalla flotta francese, ritornata nel mare dell'Argentario al comando dell’ammiraglio Moncada. Il 16 luglio sul colle di Ansedonia avvenne il ricongiungimento tra la fanteria sbarcata dall'Armata di Napoli e la cavalleria giunta via terra. Il forte esercito così composto si mise in marcia verso Orbetello per prendere il principe Tommaso alle spalle. Vista l'impossibilità di concludere positivamente l'assedio, il 18 luglio del 1646 il principe Tommaso di Savoia, temendo un attacco combinato del generale Della Gatta di fronte e del marchese di Torrecuso alle spalle, decise di porre fine alle ostilità e di far ritorno via terra in Savoia con la sua cavalleria. La fanteria lasciata disinvoltamente alle foci dell'Albegna, verrà poco dopo rimpatriata abbandonando artiglieria e altro materiale bellico. Non mancarono, come sempre succede, atrocità da parte dei vincitori su gruppi di vinti feriti od infermi rimasti indietro nella ritirata. Il ritorno del principe in patria fu accolto dai sarcastici commenti del Mazarino -" incapace di superare un fosso (davanti alle mura di Orbetello) in Italia..." Il 20 di luglio furono ripresi dagli spagnoli i forti delle Saline, di Talamone e di Porto Santo Stefano. Il generale Carlo della Gatta, accolto trionfalmente a Napoli, venne ricompensato con il titolo di principe e nominato Signore di Monasterace. Alla popolazione di Orbetello, entusiasta per la fine dell’assedio, furono inviati ampi risarcimenti ed apprezzamenti per la fedeltà dimostrata. La sconfitta francese fu accolta a Roma con esultanza. Scrisse un diplomatico dell'epoca: ”Il Papa, lontano dalla moderatione, ha fatto di questo successo più festa che li spagnuoli medesimi». Viceversa un sentimento di sconforto dilagò tra i seguaci della Francia (e dei Barberini) « ...restando noi ancora qui», scriveva «abbandonati alla petulanza et alla villania de nemici». Le operazioni militari a Porto Longone Conquista di Porto Longone 8 ottobre 1646 La delusione per la mancata conquista di Orbetello non distolse il cardinale Mazarino dal suo proposito di infliggere un duro colpo alla Spagna ed un ammonimento al papa Innocenzo X ed al vicerè di Napoli. Un nuovo corpo di spedizione affidato al comando dei marescialli De La Milleraye e Du Plessis-Pralin attaccò nuovamente, nel settembre dello stesso anno, i Presidi sbarcando questa volta a Porto Longone, nell’Isola d’Elba. Mentre il grosso dell’armata cingeva di assedio il Forte di S. Giacomo, una parte delle truppe attaccò la piazzaforte di Piombino sopraffacendo in qualche giorno la modesta guarnigione spagnola che la presidiava. La cittadina era in quel tempo in mano al principe Niccolò Ludovisi, nipote del pontefice Innocenzo X. La conquista della fortezza di Longone richiese molto più tempo per il valore degli assediati e la possanza delle opere difensive, riuscendo solamente nel mese successivo. Piombino e Porto Longone rimasero in mano ai francesi per circa 4 anni. Nella primavera del 1650 furono riconquistati da un corpo di spedizione spagnolo comandato da don Giovanni d’Austria.
(*) Histoire de la Marine Francais (**) Lettera di Francisco Diaz Pimienta al re di Spagna - Porto Ercole - 3 luglio 1646 -
Fonte: Gallica.fr/Bibliotheque Nationale de France fonti: Diego Duque de Estrada, Comentarios del desenganado de sì mismo, 1589- 1647) Girolamo Brusoni, Historia d'Italia dall'anno 1625 al 1660 Giovanni Gravier, Historia generale del Regno di Napoli Lettera di F.D.Pimienta al re di Spagna scritta in Porto Ercole il 3.7.1646 Diario de relaciones - Sevilla - 1646 Historie de la marine Francaise |
2008 - Capodomo - di Raul Cristoforetti |