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La tragedia del Panigaglia

Il 1° luglio del 1947, poco dopo le 11, nelle acque dell’Argentario antistanti Santa Liberata esplose la nave ausiliaria porta munizioni Panigaglia. La nave, della Marina Militare, normalmente imbarcava un equipaggio di 3 ufficiali e 61 marinai.

Una nave gemella del Panigaglia in anni più recenti

Una nave molto sfortunata

Il Panigaglia fu varato a La Spezia nel 1923. 

Durante il conflitto ebbe largo impiego come posamine nella Regia Marina.

Alla proclamazione dell’armistizio, l’8 settembre 1943, la nave fu catturata dalle truppe tedesche, ma l’ottobre seguente, centrata da alcune bombe durante un attacco aereo, affondò nel Golfo di La Spezia.

Recuperata dai tedeschi e riparata nell'Arsenale di La Spezio l’unità, ribattezzata Westmark, fu incorporata il 28 settembre 1944 nella Kriegsmarine come posamine con una capacità da 30 a 53 ordigni.

Il 19 aprile 1945 la Westmark andò una seconda volta a picco, autoaffondata dai tedeschi prima della resa.

Il relitto dell’unità venne riportato nuovamente in superficie nel 1946. Dopo le riparazioni la nave, che aveva ripreso il vecchio nome di Panigaglia, tornò a riprendere servizio come trasporto munizioni per la Marina Militare. Il trattato di pace del 1947 assegnò la nave alla Francia ma la cessione, che avrebbe dovuto svolgersi nel 1948, non ebbe mai luogo in quanto si preferì destinare l'unità alle operazioni di smilitarizzazione dell'isola di Pantelleria imposte dal trattato di pace.

(fonte: Wikipedia)

 

Da l'UNITA' di mercoledì 2 luglio 1947

.......... Il primo allarme pare si sia avuto verso le 11 quando uno scoppio a prua, apparentemente di scarsa gravità, faceva avvertiti i marinai che qualche cosa di grave stava per accadere. Subito i membri dell'equipaggio si precipitavano, seguiti dai 12 operai addetti allo scarico, verso il luogo minacciato. Il capobarca Armando Loffredo , domandava se doveva allontanarsi o no con il barcone, che era già quasi completo del carico da trasportare a terra. Non faceva in tempo a ricevere la risposta. L'esplosione a prua ne provocava, per simpatia, altre. In breve tutta la coperta divenne un inferno di esplosioni: saltavano in aria i piccoli mucchi di munizioni accatastate sul ponte in attesa del trasbordo e con esse saltavano in aria pezzi di coperta che ricadevano con lugubri tonfi nel mare. Una parte delle munizioni fu proiettata su Monte Argentario provocando l'incendio, ancora non domato, di una macchia. Rapidamente il ponte fu sommerso da un mare di fiamme e di fumo. Sotto coperta era un inferno di urla e di uomini che correvano verso i boccaporti in un ultimo disperato tentativo di salvarsi cercando la vita nel tuffo in mare. A nessuno però il disperato tentativo riuscì Le esplosioni si propagarono sottocoperta e alle 11e 10 con un fragoroso boato, mentre il semaforo di Monte Argentario trasmetteva verso terra disperati segnali di soccorso, saltava in aria l'intero deposito di munizioni. Poi saltavano le caldaie e getti di vapore bollente si levavano in aria. La nave si rovesciava immediatamente. Il barcone della Montecatini scompariva addirittura e con lui il capobarca Loffredo di cui non sono stati neppure ritrovati i resti.....

Il mattino del 21 giugno 1947 la nave era partita da Pantelleria del con un carico di 330 tonnellate di munizionamento dell'esercito, destinato al deposito munizioni di Pozzarello ed era giunta a Porto Santo Stefano alle ore 13 del 26. Aveva dato fonda nella baia di Santa Liberata ed utilizzava per il trasporto a terra delle munizioni, barconi e rimorchiatori messi a disposizione dalla Società Montecatini con sede a Orbetello.

Il fragore dell’esplosione, che fece tremare tutte le case di Porto Santo Stefano, lasciò sbigottiti gli abitanti. Solo il denso fumo che si levava dal mare, là dove sapevano che il Panigaglia era alla fonda, fece loro capire l’accaduto.

La notizia ufficiale dell'incidente fu data alle ore 11,10 dal semaforo di Monte Argentario: si comunicava che durante le operazioni di scarico, per cause imprecisate, vi era stata una violenta esplosione, che aveva provocato la perdita della nave e la morte presunta di gran parte dei membri dell'equipaggio, degli operai civili e del maresciallo della sezione staccata di artiglieria di Grosseto, adibiti allo scarico. Con il Panigaglia era saltato anche uno dei barconi della Montecatini utilizzati.

Del Panigaglia rimaneva sul mare, tra innumerevoli rottami sparsi in un ampio raggio, solo uno spezzone della poppa ancora affiorante. I soccorritori, accorsi per raccogliere eventuali superstiti, esplorando il relitto, udirono il suono di colpi metallici ritmici provenire dall’interno. Iniziò così una generosissima gara per trarre in salvo coloro che erano rimasti imprigionati.

Nel resoconto in Parlamento fatto il giorno stesso dell’accaduto, il Primo Ministro De Gasperi così concludeva il suo intervento: “Un quarto d'ora fa ho ricevuto un telegramma, che lascia un raggio di speranza per qualcuno che in un primo tempo era considerato vittima. Il telegramma dice: «Stamane ore 11 nave Panigaglia saltata in aria rada Santa Liberata per esplosione oltre tonnellate 300 munizioni. Inviati soccorsi terra et mare sotto direzione questo Circomare. Ricuperati fino at questo momento quattro cadaveri. Su spezzone estrema poppa affiorante in basso fondale avvertito presenza personale vivo: corso operazione perforazione lamiera fiamma ossidrica per estrazione con probabilità successo.. Circomare Porto Santo Stefano 141001». Esprimo l'auspicio, anche in nome vostro, onorevoli colleghi, che il loro martirio valga almeno a cementare sempre più saldamente le nostre forze, di noi che siamo vivi, per lavorare e per costruire.”

Dallo spezzone di poppa fu estratto un marinaio ancora in vita, Salvatore Somma, con gravi ferite ed ustioni in varie parti del corpo. Sarà l'unico sopravvissuto di quanti erano a bordo della nave.

Nell’incidente del Panigaglia perirono complessivamente 63 persone tra i membri dell’equipaggio e maestranze adibite allo scarico del materiale esplosivo. Dell'equipaggio si salvarono, in quanto in quel momento a terra, il tenente di vascello comandante, il sergente radiotelegrafista, il sottocapo furiere, un infermiere ed un marinaio. Tra le maestranze civili decedute vi fu un solo santostefanese, il capobarca Armando Loffredo. Si trovava sul barcone accostato al Panigaglia sul quale, nel momento dell'incidente, venivano trasbordate le munizioni.

Gli abitanti di Porto S.Stefano dedicarono, su una chiesetta a Santa Liberata, una lapide dedicata alla santa, a ringraziamento per il loro scampato pericolo e di suffragio per le vittime.

A ricordo del Panigaglia e di quanti perirono in quel giorno d'estate rimane un'ancora con un tratto di catena sulla foce del Canale della Peschiera, a Santa Liberata.

 

 

 

2008 - Capodomo - di Raul Cristoforetti