Donne di Galilea

"Ti ricordi Maria, al paese, quel vecchio ulivo dietro il frantoio? Il nostro rifugio, lo chiamavamo. Era così sgangherato e mezzo secco, con i suoi quattro rami striminziti, che faceva pena a vederlo. E quella nicchia nel tronco con una specie di sedile fatto da chissà chi, te la ricordi? Io mi ci sedevo, come la regina di Saba in trono, e tu ti accucciavi ai miei piedi. Poi parlavamo fino a sera. Ti ricordi le confidenze, i progetti che facevamo?

Eravamo due ragazzine allora, piene di voglia di vivere, ansiose di cominciare il nostro cammino accanto all'uomo che avremmo scelto, con tanti figli festanti intorno a noi. Con loro avremmo aspettato la notte, ci dicevamo, e con loro avremmo salutato la luce del nuovo giorno. Nulla avrebbe mai offuscato la nostra felicità..

E ti ricordi il giuramento che ci facemmo quella sera... quando  un temporale ci colse all'improvviso e noi non sapevamo come tornare a casa? Giurammo che saremmo sempre state vicine, che mai nulla e nessuno ci avrebbe allontanato.

Ti ricordi Maria?"

Maria ascoltava silenziosa. Silenziose le altre donne sotto la tenda, silenziosa la radura deserta sotto le stelle. Solo alcuni arbusti ancora accesi del falò crepitavano piano davanti a loro e, lontano, le voci sommesse degli uomini che preparavano il viaggio dell'indomani.

Maria prese la mano di Anna tra le sue e la strinse forte.

Anna continuò.

"Come potevamo prevedere allora quello che poi il Cielo ci avrebbe riservato? Che tu, Maria, donna di Galilea, avresti avuto un dono che nessuna donna avrebbe soltanto osato pensare. Ed io Anna, piccola donna senza cultura, senza merito alcuno, avrei avuto il privilegio immenso di vedere Lui, di udire la sua voce, di diventare la sua umilissima serva?

Che potevamo sapere noi?

Ma, chissà forse le stelle lassù lo sapevano, forse la luna...Ma loro non parlano con gli uomini. Loro stanno solo a guardare..."

Le gambe le dolevano forte. Anna si chinò un poco in avanti e strusciò ripetutamente le bende che le avvolgevano.

"Queste gambe, queste gambe...non vogliono più fare il loro dovere - aggiunse sottovoce - E pensare che al paese non c'era nessuna che riuscisse a starmi dietro nella corsa. E tu ne sai qualcosa..."

Maria si voltò verso di lei. Le cinse le spalle con un braccio e accennò un sorriso. Nascose il viso sulla sua spalla.

"Sai Maria, te lo devo dire... adesso. Non ci rimaner male, ti prego.

Domani non partirò con voi. Rimarrò qui.

Ma non ti devi preoccupare, è un bel posto questo, starò benissimo. C'è anche una polla d'acqua, qui vicino. Non mi mancherà niente.

Mi preparerò una bella tenda tutta per me e finalmente mi riposerò tutto il giorno. Poi, la sera, vedrò se mi riuscirà di convincere qualche stella a parlare un po' con me. Non si sa mai."

Tacque qualche istante, poi riprese.

"Ne abbiamo fatta di strada insieme, è vero Maria?

Ti ricordi... a Nazareth, quando mi hai detto che saresti partita, che Lo avresti seguito, non ci ho pensato due volte. Ho affidato l'orticello a mia cugina, che lo farà sicuramente seccare perchè lei di orti non ci capisce niente, la mia capretta ad una vicina, che mi sembra una brava donna, e sono venuta con te.

Te la ricordi la mia capretta, Maria? Aveva un ciuffo biondo che sembrava uscita dalle mani di un'acconciatrice. Le volevo bene come ad una figlia, non le facevo mancare nulla. E lei mi ricambiava con un latte che più buono non ce n'è.

Chissà come starà adesso la mia capretta. Speriamo che la mia vicina la tratti bene."

Tacque ancora, per qualche istante.

"Non posso più venire con te...mi dispiace, mi dispiace. Se lo facessi non sarei più io a servire te, ma saresti tu che dovresti servire e curare me.

Ormai le mie gambe hanno deciso che hanno camminato anche troppo...si rifiutano di fare ancora oltre il loro dovere. Devo rompere il giuramento... mi dispiace.

E poi, Maria, a te non posso mentire, penso che sia bene così, che sia giusto così.

Penso che sia giunto il momento di raggiungere il mio Eleazar.

L'ho lasciato troppo a lungo solo. Ho bisogno di vederlo. Ho bisogno di chiedergli scusa per quelle volte che sono stata un po' brusca con lui, che l'ho trattato male.

Era buono il mio Eleazar, mi voleva bene..."

Il fuoco era ormai spento. Solo un po' di brace illuminava appena il viso di Anna e di Maria. Dietro a loro, sulle stuoie distese con ordine a terra, le donne dormivano avvolte nelle loro coperte scure. Nella tenda degli uomini, oltre le rocce più in là soltanto silenzio.

"Un'ultima cosa, Maria. La più importante.

Tu sai che io non ho mai chiesto nulla a Lui. Aveva sempre così tanta gente intorno. Non lo lasciavano in pace un solo istante. Lui doveva pensare a tutti.

Io mi contentavo di servirlo, sperando che si accorgesse di me.

Ma ieri... ieri è successo un miracolo...

Poco dopo il tramonto, quando siamo arrivati qui, mentre gli uomini preparavano le tende e le donne cucinavano la cena, io mi ero seduta appoggiandomi a una roccia, qui vicino. Ero spossata dal viaggio, le gambe mi dolevano, quasi non ci vedevo più dalla fatica.. Mi sono appisolata come una bimba, con le mani in grembo.

Ad un certo istante ho sentito che qualcuno mi prendeva le mani tra le sue. Mi sono svegliata con un sobbalzo, impaurita.

Era Lui. Da solo. Chinato davanti a me. Io e Lui da soli.

Ha accostato le mie mani al viso e le ha baciate. Prima l'una, poi l'altra. Con dolcezza.

Poi lentamente me le ha riposte in grembo.

Ha quindi appoggiato la mano sul mio capo e mi ha carezzato i capelli.

Senza dire una sola parola...."

Si interruppe. Sollevò per qualche istante il viso al cielo, poi continuò

"Ma a me ha detto tutto. Tutto quello che in cuor mio desideravo mi dicesse.

Ecco Maria, ora puoi capire perchè io mi fermo qui. Non c'è più nessun bisogno che io prosegua oltre.

Adesso devo pensare al mio Eleazar. Ha aspettato anche troppo..."

Le stelle brillavano così forte che sembrava fossero lì lì per parlare.

Anche Maria piangeva.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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