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C'era una nave che andava a vapore....

 

Piroscafo  "Marsala"

 

Era proprio una nave d'altri tempi.

Da "A Shipbuilding History. 1750-1932

(A. Stephen and sons)"

Costruita a Glasgow, nel lontanissimo 1882 nei cantieri della famosa Alexander Stephen & Sons, dopo aver solcato i mari di mezzo mondo, venne a morire in Italia nel 1913 a due passi dall'isola di Giannutri, davanti all'Argentario.

Una nave scozzese, con bandiera tedesca ed un nome italianissimo, "Marsala".

Era una nave a vapore il Marsala, per dirla all'inglese (steamship), un piroscafo, con italica definizione.

La gloriosa epoca delle navi in legno e con tante vele al vento era finita da qualche decennio. L'impiego del ferro e della macchina a vapore stava dilagando in tutti i cantieri navali del vecchio continente.

Non senza qualche inconveniente e preoccupazione, per la verità. Le caldaie bruciavano molto combustibile e le scorte per i lunghi viaggi erano davvero ingombranti. Le macchine poi, quelle a vapore soprattutto, non erano come il vento, che poteva anche calare all'improvviso e lasciarti in panne, ma poi tornava sempre a toglierti dai guai. Le macchine no, non avevano questa sensibilità. E ritrovarsi in panne in mezzo all'oceano, oltretutto senza la radio che non era ancora stata inventata, era un pensiero che guastava il sonno ai comandanti più apprensivi.

Fu così che all'inizio i progettisti di navi mercantili spesso optarono per una soluzione ibrida: macchina a vapore principalmente, ma anche un po' di velatura che, oltre tutto, vento permettendo, poteva tornare utile per un po' più di spinta e qualche risparmio sul combustibile..

Il Marsala nacque in quegli anni e tra quegli umori, commissionato dalla Sloman Line che intendeva utilizzarlo per il trasporto di merci e passeggeri sulle sue rotte per l'Australia e per le Indie.

 

Scheda tecnica

Il Marsala aveva una lunghezza di 97 metri, una stazza di 2274 tonnellate ed era capace di una velocità di crociera di 11 nodi. Lo scafo e le strutture portanti erano in ferro, il ponte e tutto il resto in legno.

Dei due alberi quello di trinchetto portava, ma solo nei primi anni, 3 pennoni per altrettante vele.

Il motore, a vapore compound alimentato ad una pressione di 5,53 bar, azionava una sola elica. Era a due cilindri con alesaggio di 96,52 mm e 172,72 mm rispettivanente, ed una corsa di 106,68 mm. La potenza sviluppata 240 HP.

Tutti i verricelli per il carico e lo scarico merci erano azionati da motori a vapore.

Nella stiva anteriore un'ampia camera poteva essere refrigerata al fine di ospitare 1000 tonnellate c.a. di merci congelate.

L'equipaggio era normalmente di 35 persone.

La nave, oltre al carico, poteva trasportare 600 passeggeri.

 

Sulla rotta per le Indie

Dal momento in cui prese il mare, nel 1882, al 1886 il Marsala effettuò prevalentemente trasporto merci e bestiame, allora molto attivo, sulle rotte per l'Australia e per le Indie. La nave faceva normalmente sosta a Città del Capo e raggiungeva l'Australia in una delle destinazioni fissata dalla Compagnia: Melbourne, Adelaide o Sidney. Altre destinazioni frequentate erano la Nuova Zelanda e le altre colonie delle Indie Occidentali.

link: The frozen meat steamer Marsala

 

I viaggi della speranza

Steerage

Da "Partono i bastimenti" 

di P.Cresci e L.Guidobaldi . Mondadori, 1980 

Nel 1886, per la concorrenza vincente della North German Lloyd Line sulle rotte australi, la Sloman Line destinò il Marsala ad una nuova rotta : Hamburg-New York.

In quegli anni stava esplodendo il fenomeno dell'emigrazione dal vecchio al nuovo continente attraverso l'Atlantico. Una miniera d'oro per le compagnie di navigazione, la ricerca di un lavoro e di una vita migliore per chi in patria non riusciva a trovarne. Degli oltre 9 milioni che attraversarono l'oceano in quegli anni, circa 4 erano italiani.

Il Marsala andò ad aggiungersi alla nutrita flotta di navi che già operava su quelle rotte trasportando merci e passeggeri. Ne poteva trasportare fino a 600 c.a., tutti ovviamente con sistemazione di 3^ classe, la più economica (steerage). Sottocoperta e ponte, per prendere un po' d'aria.

La traversata durava 25/30 giorni. La vita a bordo era durissima, non molto diversa che per il bestiame, in fin dei conti: sovraffollamento, condizioni igieniche pessime, malattie, violenze. Talvolta naufragi.

Il Marsala era un piroscafo per i viaggi della speranza dei poveracci.

Dal 1886 al 1897 effettuò 34 traversate trasportando complessivamente oltre 7970 passeggeri. Il 7 ottobre del 1897 effettuò il suo ultimo viaggio. La rotta atlantica era ormai diventata molto affollata con navi più grandi, moderne e veloci. Il Marsala non era più competitivo per quell'impiego. La Sloman Line tornò ad utilizzarlo su altre rotte, prevalentemente per il trasporto merci.

link : Quando ad emigrare eravamo noi

 

Il Marsala diventa italiana

Nel 1911 il Marsala, con un'attività ormai trentennale alle spalle, fu venduto alla società di navigazione genovese "Beraldo e Devoto" che lo destinò al trasporto merci su rotte mediterranee.

Verso la fine di quello stesso anno, dopo lo scoppio della guerra italo-turca, il Marsala, nonostante la sua non più giovane età, fu arruolato come nave ausiliaria nella Regia Marina Italiana. Doveva trasportare materiali e truppe dalla penisola alla Tripolitania ed alla Cirenaica affinchè anche l'Italia potesse avere il suo "posto al sole" tra le grandi sulle coste africane.

Terminata la guerra, nell'anno successivo, ritornò al suo monotono traffico sulle rotte del Mediterraneo.

 

La fine

Il 2 luglio del 1913, alle 7,45 del mattino, il Marsala stava scapolando l'isola di Giannutri, davanti all'Argentario, diretto a Santa Liberata.

Proveniva da Sfax e trasportava un carico di fosfato per lo stabilimento di concimi chimici di Orbetello. Il mare era calmissimo e c'era una fitta nebbia.

Fatalità volle che anche il Campidano, piroscafo del compartimento marittimo di Cagliari, proveniente da quella città e diretto a Civitavecchia, navigasse a quell'ora in quelle acque.

Quando da bordo si videro era ormai troppo tardi.

Il Marsala, nell'urto, risultò quasi tagliato in due.

A bordo quel giorno c'erano 23 uomini di equipaggio e 4 signore: la moglie del comandante, la cognata di questo, una signora amica delle due e la figlia di un notabile di Sfax. Il comandante, Giacomo Massa, era fatto così: non si metteva in mare se non aveva un po' di affetto femminile intorno a sè.

Dopo il brusco risveglio conseguente al tremendo urto, marinai e passeggere si precipitarono sulle scialuppe di salvataggio, prontamente calate in mare, e lì, con i pochi vestiti che avevano addosso e tra l'imbarazzo delle signore in deshabillè, attesero i soccorsi. Che il Campidano, per farsi perdonare il danno fatto, prestò prontamente traendo tutti in salvo.

Nel fuggi fuggi precipitoso si dimenticarono però della mascotte, un cagnolino. Riporta la cronaca che lo trasse in salvo una nave tedesca che passava nelle vicinanze, mentre disperato, stava abbaiando andando alla deriva su una tavola.

Il Marsala colò a picco in circa dieci minuti. Dopo aver trasportato tanti disgraziati nei suoi tempestosi viaggi della speranza, se ne andò a fondo sul mare calmo e limpidissimo dell'Argentario, senza far male a nessuno, nemmeno a un cagnolino.

 

 

2008 - Capodomo - di Raul Cristoforetti