Porto Santo Stefano da ricordare |
L'ammutinamento del MAS 505 |
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Il 10 maggio del 1944, quasi le tragedie provocate dai bombardamenti non fossero state sufficienti, Porto Santo Stefano fu coinvolto, senza esserne minimamente responsabile, in uno squallido episodio di ammutinamento. Il MAS 505 con base a La Maddalena La mattina di quel giorno un MAS italiano con bandiera tedesca ed un drappo bianco sull’albero, entrò nel porto del Valle e andò ad ormeggiarsi alla banchina. A bordo vi erano i corpi del comandante e di due ufficiali uccisi con armi da fuoco da alcuni membri dell’equipaggio che avevano poi preso il controllo dell’unità. Nel maggio di quell’anno la situazione militare in Italia era a dir poco caotica. Dopo l’armistizio di Cassibile dell’8 settembre 1943 la maggior parte delle unità e reparti dell’esercito italiano, dopo lo sbandamento iniziale, si erano rischierati a fianco degli alleati ed operavano contro i tedeschi, trasformatisi da un giorno all’altro da alleati in invasori. Erano inoltre operativi, specialmente al Nord, reparti della Repubblica Sociale Italiana, strettamente affiancati ai tedeschi, unità della Decima MAS di Valerio Borghese, semiautonoma sul piano operativo ma legata alla RSI e legittimata dalla Kriegsmarine, e forze partigiane ovviamente sostenute dagli alleati.
La situazione a Porto Santo Stefano era in perfetta sintonia con quella nazionale. Dal mese di ottobre del ’43 vi era dislocata la Hafen-Kampf-Kompanie-Olbia, unità logistica tedesca specializzata nell’organizzazione e difesa delle località portuali, e dai primi giorni di marzo del ‘44 una squadriglia della Decima MAS, la “Comandante Castagnacci”, istituita a La Spezia il primo gennaio di quell’anno ed operativa un paio di mesi dopo con qualche motovedetta nel mare dall’Argentario. Le due unità, i cui rapporti, da quel che è dato sapere, non erano né particolarmente stretti né idilliaci, operavano in un paese stremato dai frequentissimi bombardamenti, ormai completamente distrutto ed abbandonato dagli abitanti sfollati sui colli e nei paesi circostanti. Il MAS 505 che il 10 maggio approdò a Porto Santo Stefano apparteneva alla 5^ Flottiglia MAS della Marina Militare Italiana, di stanza a La Maddalena, operante a fianco degli alleati. Verso le sette del mattino aveva preso il largo diretto a Bastia, in Corsica, al comando del sottotenente Carlo Sorcinelli. A bordo, oltre al normale equipaggio di nove uomini, erano imbarcati due ufficiali incaricati di una delicata missione di pacificazione in relazione ad uno scontro fra marinai italiani della base MAS e marinai francesi, in cui uno di questi aveva perso la vita. Oltre ai due ufficiali su citati si era imbarcato clandestinamente sul MAS il 2° Capo G. Cattaneo. Questi aveva segretamente preso accordi con alcuni elementi dell’equipaggio per provocare un ammutinamento, una volta in alto mare, sequestrare l’unità e consegnarla ai tedeschi. La ricostruzione di quel che accadde a bordo fu effettuata tre anni dopo dal Tribunale di La Spezia “ ...Dopo circa un’ora di navigazione il Cattaneo venne allo scoperto e spalleggiato dai complici intimò ai tre ufficiali, con la minaccia delle armi, di aderire alla RSI e consegnare l’unità ai tedeschi. Di fronte all’opposizione dei tre ufficiali, gli ammutinati procedettero senz’altro alla loro uccisione" Il MAS fece quindi rotta verso Porto Santo Stefano. Prima di entrare in porto la bandiera italiana fu ammainata e sostituita con quella della Kriegsmarine. Un lenzuolo bianco fu quindi esposto fuori bordo.
Sulla banchina erano in attesa soldati tedeschi e della Decima MAS. Non è dato sapere che tipo di accoglienza fu riservata agli ammutinati. Verosimilmente freddina e un po’ schifata dai tedeschi, poco comprensivi per comportamenti di tal genere, probabilmente più calorosa e forse esultante dagli italiani della Decima che vedevano ingrossarsi le loro fila e la consistenza della loro piccola squadriglia. I responsabili dell’ammutinamento non ebbero però tutti i riconoscimenti e gli onori che forse si aspettavano. Scaricati da Valerio Borghese, ferreo sostenitore dei sacri principi della lealtà e dell’onore, che anzi voleva sottoporli a processo, preferirono scomparire nell'ombra in attesa di tempi migliori. Ai tre ufficiali caduti, con grande ipocrisia italo-germanica, vennero tributati solenni funerali nella cattedrale di Orbetello con intervento di marinai tedeschi, italiani e militi della Guardia nazionale repubblicana. Le salme furono poi tumulate in tre tombe affiancate nel cimitero locale. Alla fine della guerra furono trasferite nelle rispettive città d’origine. L’imbarcazione passò prima alla Kriegsmarine e omologata come "S 628", e successivamente ceduta alla Marina Nazionale Repubblicana che lo siglò nuovamente "SA 19". Fu autoaffondata fuori del porto di Imperia nell'aprile 1945. I 5 principali responsabili dell’ammutinamento furono sottoposti a processi di vario grado. Il tribunale militare di La Spezia nel maggio del 1947 condannò a morte il Cattaneo e due dei suoi principali complici, rei di triplice omicidio aggravato da tradimento verso i superiori e diserzione al nemico con perdita dolosa della nave. La sentenza non ebbe però seguito perchè tutti gli imputati riuscirono a scappare all'estero L’ultimo processo davanti al tribunale di La Spezia si concluse il 21 novembre 1958 con la condanna degli imputati a pene da 30 anni in giù. I tre ufficiali caduti furono insigniti di medaglia d’oro al valor militare
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2008 - Capodomo - di Raul Cristoforetti
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